Fig. 1, Carlo Bononi, Trinità che incorona la Vergine, 1616 – 1617, Ferrara, Santa Maria in Vado, transetto.

Carlo Bononi

Incoronazione di Maria Vergine

1616-17

Olio su tela, diametro cm 298

Ferrara, chiesa di Santa Maria in Vado.

Inginocchiata su nubi dalla vaporosa quanto solida consistenza, Maria Vergine accoglie a mani giunte con composto e deciso sguardo la corona che Cristo e l’Eterno padre le pongono sulla testa. Su tutti muove la colomba dello Spirito Santo, fonte di luce dorata che delicatamente illumina i paffuti volti degli angioletti tra le nubi, protagonisti del prodigioso evento insieme ai paradisiaci musici adolescenti, che ai piedi della Trinità, suonano indicano e osservano lo spettatore.

In una data presumibilmente anteriore al 1616-17, la colta committenza lateranense – guidata in quegli anni dal raffinato abate Giorgio Fanti – affida il monumentale tondo alla sapiente mano di Carlo Bononi. Il pittore, quasi certamente seguendo le precise volontà del committente, inserisce la visiva conclusione del ciclo mariano al centro della crociera, ossia in uno dei punti focali dell’intera decorazione pittorica. La grande tela infatti, unica dalla forma circolare all’interno del complesso ciclo figurativo, viene a completare la finta cupola affrescata a partire dal 1609 forse ad imitazione di quella probabilmente crollata nel sisma del 1570, della quale il restauro del 1996 ha parzialmente svelato l’antica decorazione dei pennacchi, ancora presente sotto gli affreschi seicenteschi[1]. Attorniata dalle figure bibliche di Geremia, Isaia, Salomone e Re David, annunciatrici della venuta di Maria e dipinte a monocromo nei pennacchi, la cupola dipinta fornisce al pittore uno straordinario banco di prova illusionistico come mai prima d’ora si era visto nella Ferrara di inizio secolo.

Se nel soffitto del presbiterio Domenico Mona raffigurava il distacco della Vergine dagli apostoli tra un manieristico turbinio di angeli davanti agli attoniti occhi dei discepoli, Bononi invece, squarciando il soffitto della basilica, rende i fedeli partecipi del sacro evento e svela l’incoronazione di fronte ai nostri occhi, dimostrando una sensibilità già barocca. Come nell’altra grandiosa tela realizzata nella stessa commissione e collocata nel mezzo della navata centrale, raffigurante la Trinità adorata dai Beati, il pittore ci chiama ad essere protagonisti di una complessa rappresentazione scenografica. Con un audace sottinsù, Bononi allestisce una vera e propria «macchina dello stupore»[2], che trova nella figura dell’angelo che suona la viola, assai cara al Guercino[3], la sua migliore realizzazione.

Una vera e propria sacra rappresentazione, in cui i due angeli musicanti divengono il più manifesto collegamento con le complesse cerimonie barocche di incoronazione che anche a Ferrara iniziavano a divenire usuali e che devono aver fornito al pittore un interessante modello iconografico. In quegli stessi anni, difatti, venne introdotta la pratica devozionale di incoronare le immagini mariane in articolate cerimonie pubbliche in cui l’apparato musicale, oltre a quello scenico, possedeva una non casuale importanza e un notevole apprezzamento. Bononi, assai vicino al ricco mondo musicale ferrarese[4], fornisce in questa enorme tela ­– come poi farà più volte all’interno della sua ricca produzione – un interessante esempio di iconografia musicale, seppur compiendo una forzatura atta a favorire più l’aspetto figurativo che la reale riproduzione di un’esecuzione. Le grandi cerimonie di incoronazione, ricostruite grazie ad attenti resoconti manoscritti e a stampa destinati alla propaganda e divulgazione del devoto evento[5], si svolgevano principalmente all’aperto ed erano quindi poco adatte ad ospitare la musica del liuto solitamente utilizzato in ambienti più raccolti e familiari[6]. Era invece assai più confacente alla funzione pubblica il grande trombone retto dall’angelo senz’ali a sinistra, in quanto «l’accompagnamento di strumenti a fiato di grande potenza, come per l’appunto trombe e tromboni, era di prassi: il volume sonoro degli ottoni era adeguato sia agli spazi aperti che al conferimento di una solennità magniloquente»[7]. La compresenza dei due strumenti, quindi, pur se non suonati contemporaneamente, risulta poco credibile, ma facilmente comprensibile in virtù della particolare adeguatezza alla raffigurazione pittorica di un evento scenograficamente ricco come quello dell’incoronazione.

Ispirandosi dunque alle cerimonie pubbliche, attestate dalle fonti anche nella stessa Ferrara[8] (seppur cronologicamente più tardi), oltre che nella vicina Cento (1604) [9] e a Bologna, il pittore ci fornisce una composizione che lascia trapelare una nuova barocca sensibilità, dove le massicce figure dei protagonisti guardano alle precedenti idee compositive di Correggio nelle volte parmensi e di Giulio Romano negli ottagoni della camera di Psiche di Palazzo Te. Tutto senza però mai distogliere lo sguardo al non lontano Veneto: quello turbinoso di Tintoretto nel soffitto della Sala Capitolare della Scuola Grande di San Rocco, o ancora meglio quello palmesco. Un Palma che in quegli stessi anni andava realizzando la pala con Maria Assunta in Cielo e incoronata Regina per la pieve di Ciano del Montello (Treviso)[10] del 1612, forse ripresa dal pittore nella stessa cromatica vividezza (seppur maggiormente contrastata) e tuttavia rinnovata attraverso una scenografica visione dal basso.

Note

[1] C. Di Francesco (a cura di), La Basilica di Santa Maria in Vado a Ferrara, Milano 2001, pp. 31, 197.

[2] G. Sassu, Il cuore liquefatto di Bononi in Santa Maria in Vado, in “Museonivita. Musei di Arte Antica del Comune di Ferrara, notizie e approfondimenti”, 5-6 giugno-dicembre 2017, www.museoinvita.it.

[3] C. Brisighella, Descrizione delle pitture e sculture della città di Ferrara (1700-1735 ca.), a cura di M.A. Novelli, Ferrara 1991, p. 386.

[4] Su questo argomento si veda il ricco contributo di Anna Valentini, «Inclinazione hanno grandissima alla musica»: i ferraresi dell’età di Bononi in G. Sassu e F. Cappelletti (a cura di), Carlo Bononi. L’ultimo sognatore dell’Officina Ferrarese, catalogo della mostra (Ferrara, Palazzo dei Diamanti, 14 ottobre 2017 – 7 gennaio 2018), Ferrara 2017, pp. 67-73.

[5] Per un approfondimento sulle cerimonie pubbliche di incoronazione: Anna Valentini, La cerimonia di incoronazione: componenti musicali e spettacolari, in G. Adani, G. Gentilini e C. Grimaldi Fava (a cura di), La Madonna del Presepe tra Donatello e Guercino, catalogo della mostra (Cento, Pinacoteca Civica, 2 dicembre 2007 – 13 aprile 2008), Bologna 2007, pp. 190-211. 


[6] A. Valentini, Iconografia musicale a Ferrara tra XVI e XVII secolo, tesi di dottorato in Musicologia, Scuola di dottorato in Storia e critica dei beni artistici, musicali e dello spettacolo dell’Università di Padova, a.a. 2009-2011, p. 117.

[7] Valentini, Iconografia cit., p. 201.

[8] Anche Ferrara ospitò complesse cerimonie d’incoronazione come testimoniato da G. Bascarini in Ferrara trionfante per la coronazione della B.ma Vergine del Rosario celebrata l’anno 1638. Con apparato di teatro, di macchine, e di musica componimento dell’eccellentis. sig. d. Ascanio Pio di Savoia donato dal medesimo signore alla compagnia del Santiss. Rosario eretta anticamente in Ferrara nella chiesa di S. Domenico de reuerendi padri predicatori…, Ferrara 1661. Bascarini nella sua cronaca riporta con minuzia di dettagli l’incoronazione della Madonna del Rosario, avvenuta nel 1638, in cui gli apparati furono realizzati da una idea compositiva di Ascanio Pio di Savoia, mentre il teatro provvisorio e le macchine sceniche, come un drago, da Alfonso Rivarola, detto il Chenda, allievo proprio di Carlo Bononi. Sulla Ferrara trionfante di Bascarini si veda D. Fabris, Mecenati e musici. Documenti sul patronato artistico dei Bentivoglio di Ferrara nell’epoca di Monteverdi (1585-1645), Lucca 1999, pp, 20, 33 e G. Sassu, Tra immagine e persuasione: dipinti d’altare a Ferrara nella prima metà del Seicento, in Immagine e persuasione. Capolavori del Seicento dalle chiese di Ferrara, a cura di G. Sassu, catalogo della mostra (Ferrara, Palazzo Trotti-Costabili, Seminario Vecchio, 14 settembre 2013 – 6 gennaio 2014), Ferrara 2013, pp.89-90. Per approfondire invece gli apparati effimeri e il loro utilizzo nelle cerimonie pubbliche seicentesche C. Toschi Cavaliere, La magnifica menzogna. Proposte per una lettura dell’effimero, in La chiesa di San Giovanni Battista e la cultura ferrarese del Seicento, catalogo della mostra, direzione a cura di R. Varese e A. M. Visser Travagli (1981-1982), Milano 1981, pp. 136-153.

[9] Valentini, La cerimonia di incoronazione cit. pp. 206-210.

[10] Sull’opera cfr. S. Mason Rinaldi, Palma il Giovane. L’opera completa, Milano 1984, p. 466 cat. 773.